La successione del conto corrente è uno dei tanti problemi, burocratici e meno burocratici, che seguono al decesso di una persona cara. E’ un problema non difficile da risolvere, sia chiaro, soltanto… Lungo.
Sono molti gli obblighi cui gli eredi devono sottostare, non ultimi quelli di tipo economico. Tra gli eredi non figurano solo il coniuge i figli, i nipoti etc, ma anche, in un certo senso, l’Agenzia delle Entrate. Esatto, il legislatore ha predisposto una tassa sulle successione del conto corrente. E’ una tassa odiosa? Secondo molti sì, ma nella realtà… Non proprio. Di seguito, i dettagli.
Cosa succede quando il titolare del conto corrente muore
Se pensate di riscuotere facilmente e senza grossi impicci il denaro dal conto corrente di un “de cuius” (il deceduto, in gergo tecnico) vi state sbagliando. Infatti, il primo accorgimento che la banca adotta non appena viene a sapere che un titolare di conto corrente è passato a miglior vita è… Bloccare il conto corrente. Lo stesso accade se l’erede gode di delega, ovvero se poteva ritirare autonomamente denaro dal conto corrente per esplicito volere del titolare. La banca, infatti, cessa qualsiasi rapporto col titolare deceduto, e annulla tutte le opzioni attivate, delega compresa.
Può sembrare una cattiveria, ma non lo è. Anzi, è una precauzione per impedire frodi e ruberie, per evitare che, un “non erede”, spacciandosi per tale, possa accaparrarsi il denaro e sparire.
C’è un solo caso in cui il conto corrente non viene bloccato, non per intero almeno: quando il conto è cointestato a firma disgiunta. Nella fattispecie il contestatario può continuare a utilizzare il conto corrente per la parte che gli compete, la quale – salvo precedenti accordi scritti e certificati – è generalmente pari al 50%.
Badate, questa possibilità è preclusa se il conto corrente è a firma congiunta. Tale assetto, infatti, richiede la firma di tutti i titolari per qualsiasi operazione finanziaria, ma se uno è deceduto allora il possesso del requisito svanisce.
C’è da dire, però, che pure in presenza di firma disgiunta le banche ostacolano la normale fruizione del conto. Anche in questo caso, infatti, vi è il timore che il contestatario possa appropriarsi di soldi non suoi, andando oltre il 50% che gli spetterebbe.
Cosa devono fare gli eredi
Dunque, la sfida è sbloccare il conto corrente e accedere alle cifre che spettano in qualità di eredi. Come fare? Per rispondere a questa domanda è necessario essere consapevoli di un aspetto: il conto corrente non è solo uno strumento di gestione finanziaria, ma anche e soprattutto un bene mobile. In quanto tale, per essere movimentato a seguito del decesso del titolare, deve essere inserito nella dichiarazione di successione come qualsiasi altro bene.
Una volta compilata e inoltrata la dichiarazione di successione (operazione meno semplice di quanto si possa immaginare, fatevi aiutare da un commercialista), non rimane che esibirla alla banca, che sbloccherà il conto corrente. A quel punto, “trapasserà” non solo il conto corrente, ma anche tutti i prodotti di investimenti e finanziari, gli oneri detenuti dal defunto. Dunque, insieme al conto corrente si ereditano polizze, obbligazioni, depositi etc. finanche i debiti.
Quanto occorre pagare per “sbloccare” il conto corrente?
Tornando alla tassa di successione del conto corrente, le notizie sono sia buone che cattive. Partiamo da quelle cattive: l’aliquota è alta. Non altissima, sia chiaro, certamente inferiore a quella di altri paesi, ma comunque ingente. Inoltre cambia in base al rapporto di parentela con il defunto.
Se il defunto è un genitore o un parente di primo grado (figlio o genitore), la tassa equivale al 4% dell’importo ereditato. Se il defunto è un parente dal secondo grado in su (fratello o sorella), la tassa sale al 6%.
La buona notizia è, per fortuna, veramente buona: lo Stato riconoscere una franchigia, sotto la quale la tassa di successione del conto corrente non è dovuta. E’ una cifra generalmente generosa, ma variabile. Se il defunto è parente di primo grado, la franchigia è di 1 milione di euro; se è di secondo grado la franchigia è di 100.000 euro. Per tutti gli altri, invece, non esiste frachigia.
C’è un altro caso in cui è possibile evitare di pagare il tributo: la rinuncia all’eredità. Un gesto che molti compiono, quando di mezzo ci sono debiti. Anche la rinuncia, però, costa. Per la precisione, 200 euro.