Nuove Regole sui Conti Correnti in Rosso: Cosa Rischiano Imprese e Famiglie

Nuove regole conti correnti in rosso
Conti correnti

Nuove regole sul “rosso” dei conti correnti entreranno in vigore il 1° gennaio 2021. Regole che a detta di alcuni importanti enti rischiano di nuocere gravemente alle imprese e alle famiglie. Di cosa si tratta? Quali rischi si profilano all’orizzonte? Scopriamolo in questo articolo.

Cosa cambia dal 1° gennaio 2020

La notizia era in un certo senso attesa. Le nuove regole infatti derivano dal recepimento del Regolamento Delegato UE n.171 del 2018, che affronta lo spinoso tema delle soglie di rilevanza delle obbligazioni creditizie in arretrato. A incidere, anche le linee guide dell’EBA, l’Autorità Bancaria Europa per quanto concerne la definizione di default, qui inteso come lo stato di inadempienza di un’obbligazione nei confronti di una banca.

In buona sostanza, le norme definiscono criteri più stringenti di quelli in vigore fino al 2020, le quali minacciano di impattare in maniera drammatica sui conti scoperti, comunemente detti “in rosso”.

Le norme in vigore dal 1° gennaio 2021, nello specifico, stabiliscono che la soglia per definire un arretrato “rilevante” debba porsi già a 500 euro per le grandi imprese. Per le persone fisiche e le PMI tali soglie sarà pari addirittura a 100 euro. Insomma, somme molto piccole potranno di fatti bloccare il conto corrente o, per meglio dire, gli addebiti.

I rischi per le famiglie e le imprese

E’ facile immaginare i rischi per le imprese, ma anche per le famiglie. Su di essi ha fatto luce in particolare il Centro Studi di Unimpresa, che nella giornata del 29 dicembre ha lanciato un vero grido di allarme. In parole povere, l’ente ha sottolineato come basterà un mancato pagamento superiore a 100 euro e prolungato per tre mesi per definire il cliente come un “cattivo pagatore” con tutto ciò che ne consegue in termini di accesso al credito e funzionalità del conto corrente.

Ciò significa la sostanziale impossibilità di pagare le utenze, ma anche gli stipendi e le rate dei finanziamenti. La questione riguarda soprattutto le imprese, soggette oggi più che mai ai “rossi”, vista la complicata fase che il paese sta attraversando, e la mancanza di liquidità che da acuta sta diventando cronica. Il rischio però riguarda anche le famiglie, dal momento che sono molti a dover affrontare una riduzione drastica se non totale del reddito, e spesso questa situazione di sofferenza “reddituale” si associa alla necessità di dover pagare le rate di un mutuo o di un prestito.

Ma le conseguenze non finiscono qui. Se è vero che il cliente viene classificato come cattivo pagatore, allora è facile immaginare una drammatica stretta al credito. La riduzione dell’accesso al credito è sempre una cattiva notizia, per il singolo ma anche per il sistema economico, ma lo è ancora di più in tempo di crisi, e di crisi in cui l’impatto maggiore è determinato dalla mancanza di liquidità.

“Il nuovo quadro regolatorio, che non è stato sufficientemente spiegato dalle banche, è preoccupante. Non saranno più possibili nemmeno piccoli sconfinamenti e questo vuol dire, per molti artigiani, commercianti, piccoli imprenditori e anche per molte famiglie, non poter più usufruire di quelle piccole forme di flessibilità che, specie in questa fase così critica a causa degli effetti economici della pandemia Covid, sono fondamentali per far fronte ai pagamenti di utenze o altri adempimenti, come gli stipendi e i contributi previdenziali, le rate di finanziamenti e mutui” ha dichiarato il vicepresidente di Unimpresa Salvo Politino.

Sul tema è intervenuta anche Bankitalia, che con delle FAQ sul sito ha chiarito alcuni elementi controversi delle nuove regole. In particolare, ha ridimensionato il problema ponendo l’accento sulle condizioni “temporali” per essere dichiarati in default, ovvero sulla necessità di “sforare” per tre mesi consecutivi. Ha posto l’accento anche sul secondo criterio, quello dell’esposizione, che per la parte in rosso deve essere pari all’1%.

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