Il consulente finanziario può essere un alleato per gli investitori di ogni ordine e grado, dal piccolo risparmiatore che vuole preservare il capitale all’investitore più facoltoso e coraggioso, che vuole trarre un certo reddito dal suo patrimonio.
Tuttavia, questa figura assume un’importanza ancora più spiccata in tempi di crisi. E’ lecito dunque chiedersi come cambi l’esercizio della consulenza finanziaria, e in che misura. Anche perché il cambiamento è giocoforza visibile. Quando scoppia una crisi, cambia il contesto, dunque deve cambiare anche l’approccio degli investitori. A favorire questa trasformazione, o perlomeno ad accompagnarlo, è proprio il consulente finanziario.
Il ruolo del consulente finanziario
Prima di analizzare il ruolo del consulente finanziario in tempo di crisi è bene fare il punto sul suo ruolo in “tempo di pace”, ovvero quando all’orizzonte non si profilano grandi crisi. Insomma, quando il panorama economico e finanziario si sviluppa sui binari della normalità.
Ebbene, il consulente finanziario gestisce o aiuta a gestire il portafoglio dei clienti. In particolare, definisce gli obiettivi in base alle risorse a disposizione ma, soprattutto, sulla scorta degli obiettivi di vita del cliente, della sua propensione al rischio.
Propone prodotti finanziari e di investimenti, li sottopone descrivendone le caratteristiche nel dettaglio, conferendo importanza in particolare alle stime di redditività e di rischio.
Il consulente finanziario può operare non solo per i singoli individui, ma anche per le organizzazioni. Non di meno, opera per grandi aziende, spesso in collaborazione con altri consulenti.
Le insidie della crisi per il piccolo investitori
Di nuovo, prima di analizzare il ruolo del consulente finanziario durante le crisi, è bene fare una panoramica di cosa significhi una crisi per il piccolo investitore, ovvero delle insidie e dei pericoli che gli pone di fronte.
Il rischio più grande riguarda l’emotività. Il piccolo investitore può avvertire paura, a volte smarrimento. Ciò favorisce, di solito, un approccio conservativo, che però non passa per una lucida analisi della situazione attuale, ma è scaturito appunto dal timore di perdere denaro.
Il secondo rischio riguarda la difficoltà di comprendere cosa stia succedendo e agire di conseguenza. E’ un processo fisiologico: durante le crisi le carte in tavola vengono sparigliate, l’irrazionalità prende possesso nei mercati (in forma acuta solo per un breve periodo di tempo, per fortuna). Ecco che le convinzioni del piccolo investitore scricchiolano, le competenze che ha maturato sembrano non servire più.
Il risultato di tutto ciò è lo svolgimento di azioni tutt’altro che efficaci, spesso controproducenti. Spesso, anche il semplice “non fare niente” rappresenta un pericolo, anche perché alcuni asset vanno incontro a svalutazione durante questi periodi.
Il contributo del consulente finanziario durante una crisi
Come si comporta, o come si dovrebbe comportare un consulente finanziario durante una crisi? Ebbene, dovrebbe mettere in campo determinate azioni, ecco quali.
Ristrutturazione degli obiettivi. In buona parte dei casi, il consulente propone una svolta nell’approccio generale, che diventa più conservativo. Altrettanto spesso, però, opterà per una estensione degli obiettivi nel tempo, favorendo gli investimenti a lungo termine, nel tentativo di “scavalcare” la crisi, ovvero di passare all’incasso solo quando il mercato non solo si è ripreso, ma ha anche recuperato il terreno perduto.
Gestione emotiva. E’ probabilmente il compito più importante del consulente finanziario durante un periodo di crisi. I rischi più imponenti, come abbiamo visto, vengono proprio dall’emotività, dall’irrazionalità che una crisi ispira. Al consulente finanziario, il dovere morale oltre che ontologico, di fornire un quadro di insieme e trasformare la fisiologica paura in un sensato e controllato “stato di allerta”.
Una comunicazione più trasparente. In ogni caso, il consulente finanziario deve rapportarsi con la massima trasparenza. Tuttavia, lo deve fare con ancora maggiore intensità e chiarezza nei periodi di crisi. Il motivo è semplice: da un lato vi è la necessità di gestire l’emotività, dall’altro la necessità di seguire il passo con le miriadi di informazioni che, durante le crisi, si susseguono. Tra l’altro, proprio la conoscenza è uno strumento efficace per limitare gli effetti dell’emotività.