ICC, in cosa consiste il nuovo indicatore di costo del conto corrente

Conti correnti

Di recente le autorità finanziarie hanno imposto alle banche di comunicare l’ICC, un indicatore di costo che consente ai correntisti e aspiranti tali di analizzare in maniera più profonda i conti correnti e, in un buona sostanza, di scegliere quello più conveniente.

Ne parliamo in questo articolo, spiegando come funziona, quali informazioni realmente fornisce e come sfruttarlo al meglio durante la fase di valutazione del conto corrente.

Cos’è l’ICC e a cosa serve

ICC sta per Indicatore di Costi Complessivi. In un certo senso, il nome dice già tutto. In effetti l’ICC è un indicatore che restituisce una misura precisa dei costi di un conto corrente. Può essere considerata una novità nel contesto finanziario italiano, anche perché la sua presenza è stata resa obbligatoria solo di recente.

Non è un cambiamento da poco: grazie all’ICC i contribuenti, i correntisti e gli aspiranti tali hanno a disposizione un unico valore da analizzare e confrontare. L’ICC si profila, dunque, come lo strumento definitivo per scegliere il conto corrente, o almeno è stato propagandato come tale.

Lo scopo dichiarato dell’ICC, a detta della Banca d’Italia, è dotare l’individuo di uno strumento di tutela e, allo stesso tempo, “costringere” le banche alla trasparenza. Un valore, questo, spesso trascurato, a tutto vantaggio delle campagne di marketing e di manovre forse un po’ opaca, volte a “circuire” l’aspirante correntista e convincerlo della bontà di questo o quel prodotto.

Chi se ne intende di conto corrente, o ha avuto a che fare con l’attività di analisi dei costi, non resterà sorpreso dall’introduzione dell’ICC. Anche perché non è il primo indicatore di questo tipo a fare il suo esordio nel mercato,e nel contesto dei rapporti tra banca e correntista (o aspirante tale). Di fatti, l’ICC sostituisce il vecchio ISC, Indicatore Sintetico di Costo. Perché questa sostituzione? La verità è che l’ISC dava una visione solo parziale dei costi, a tutto svantaggio del contribuente.

Come utilizzare correttamente l’ICC

Conoscere la differenza tra ISC e ICC è il primo passo per sfruttare bene quest’ultimo, e trasformarlo in un’arma efficace. Lo scopo, ovviamente, è avere una chiara idea del prodotto – e in particolare dei suoi costi – prima di compiere una scelta. Il tutto in una prospettiva di analisi comparata, che prevede il confronto tra più prodotti.

Ad ogni modo, cos’ha di diverso e particolare l’ICC? Ebbene, il valore che l’indicatore restituisce prende in considerazione tutte, ma proprio tutte le voci di spesa. Per esempio, nell’ICC sono compresi i costi di emissione della carta bancomat (o di debito) e della carta di credito. Inoltre, è un indicatore che in realtà ne raggruppa ben sei. Per ciascun profilo di correntista, l’indicatore esprime un valore.

Ovviamente, i profili sono elaborati prendendo in considerazione il numero e il tipo di operazioni.

Il motivo di questa particolarità evidente: un conto corrente può essere più o meno costoso in base al “comportamento” dell’utente. A un uso intensivo, per esempio, corrisponde di norma un impatto più pesante in termini di costa. Dunque, è bene tenere conto di queste differenze.

La presenza di ben sei profili dovrebbe coprire il bacino dei correntisti nella sua interezza, da chi utilizza il conto sporadicamente a chi lo “usura” mediante un’attività lavorativa (e un altrettanto intenso flusso di cassa).

I profili

E’ bene dunque proporre una panoramica dei profili, in modo da capire – in anticipo –   “quale ICC” guardare.

  • Giovani. Questo profilo si caratterizza per l’uso dell’hombe banking ma della sola carta prepagata. Ridotto è anche il ricorso agli assegni e alla domiciliazione delle utenze. Le operazioni sono pari o inferiori a 164.
  • Famiglie con bassa operatività. Fino a 201 operazioni annue. Utilizzo del bancomat ma non della carta di credito. Domiciliazione delle utenze e pagamento delle rate di un prestito/mutuo.
  • Famiglie con media operatività. Fino a 228 operazioni annue. Simile al profilo precedente, ma con in aggiunta la presenza della carta di credito.
  • Famiglie con elevata operatività. Fino a 253 operazioni. Simile al profilo precedente ma con in aggiunto la gestione di prodotti di investimento.
  • Pensionati con bassa operatività. Fino a 124 operazioni online. Ricorso frequente alla filiale, quasi assente o assente il ricorso all’home banking.
  • Pensionati con media operatività. Fino a 189 operazioni online. Ricorso abituale all’home banking, ricorso frequente al bancomat, ricorso sporadico ma non trascurabile ai servizi di investimento.
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