E’ una domanda più che legittima, anche perché emerge a partire dall’osservazione di un fenomeno reale: quando l’economia vive un momento di difficoltà, le borse crescono. Quando il mondo del lavoro si fa più asfittico e le imprese iniziano a chiudere con un ritmo via via maggiore, i parametri che segnalano le performance dei mercati migliorano.
Perché accade? Questo apparente rapporto di proporzionalità inversa dà adito a dubbi, pone in essere dei pregiudizi. Di certo, spiazza chi è a digiuno della materia o non è esperto abbastanza da comprenderne i reali motivi.
Vale la pena, dunque, fare luce sulla questione e tentare di spiegare un fenomeno, sgomberando contemporaneamente il campo da alcuni pregiudizi.
Economie e mercati: un equivoco da risolvere
Prima di passare ai motivi che spiegano il fenomeno, è bene escluderne uno, che appartiene all’immaginario collettivo ma non necessariamente alla realtà.
Ovvero, il motivo secondo cui la borsa in qualche maniera tragga vantaggio dalle economie in difficoltà. Questa semplice affermazione spalanca le porte a pregiudizi ancora più lontani dalla realtà, e che sono indicatori di uno stato d’animo, più che di un’analisi lucida. Secondo questo pensiero, gli investitori sarebbero solo dei parassiti che fanno i soldi sulla pelle delle persone. Non neghiamo che alcuni investitori particolarmente speculativi possano approfittare specificatamente di situazioni di difficoltà, ma non è tendenza che coinvolge i mercati in quanto tale.
C’è da precisare anche un secondo aspetto. E’ vero, quando l’economia va male, i mercati vanno bene. Tuttavia, ciò accade spesso, non sempre. Tra l’altro, è ancora meno vero il contrario. Ovvero quando l’economia va bene è abbastanza rado che i mercati vivano un periodo di difficoltà, o un periodo di difficoltà conclamato. Dunque, il rapporto di proporzionalità inversa semplicemente non esiste, non nei termini suggeriti dal senso comune.
Economia già e mercati su: quando e perché accade
Quindi, come si spiega l’assunto iniziale? Ovvero le buone performance dei mercati in un contesto “reale” in difficoltà?
Per rispondere a questa domanda è bene fare una panoramica su come funzionano i mercati, con riferimento soprattutto all’azionario. In buona sostanza, la borsa è fatta di investitori che, di fatto, finanziano le imprese, aumentandone il capitale a disposizione.
Se lo fanno, tuttavia, è solo perchè credono che in futuro, dunque in prospettiva la società emittente possa prosperare più di quanto non stia facendo attualmente, e le sue azioni aumentare di prezzo. Ciò vale nel caso in cui l’investitore voglia detenere le azioni per un certo periodo di tempo, godendo dei dividendi sempre più alto e venderle solo quando può realizzare un ricco surplus. Vale anche nel caso in cui voglia venderle a stretto giro, sfruttando proprio le aspettative su un miglioramento della situazione aziendale.
Sono questi i concetti chiavi che spiegano questa apparente discrasia tra borsa ed economia: futuro e aspettative.
Le performance dei mercati azionari si reggono sui giudizi circa le prospettive delle società. L’economia, analizzata attraverso i dati che vengono annunciati dalle istituzioni, fa sempre riferimento a una situazione presente, se non addirittura passata.
Quando un investitore acquista le azioni di una società, lo fa perché pensa che in futuro questa performerà più di quanto non stia facendo oggi, magari assumendo personale o rilasciando dividendi più ricchi.
Quando una istituzione ufficiale rivela che il tasso di disoccupazione è aumento del 2%, fa riferimento a una situazione del passato, e lo stesso si può dire dei dati consuntivi del Prodotto Interno Lordo, dell’inflazione etc.
Ecco spiegato perchè borsa ed economie non vanno di pari passi. I dati che provengono dalla prima si basano su una stima del futuro, i dati che provengono dalla seconda, invece, fanno riferimento al passato o, nella migliore delle ipotesi, al presente.
Rimane da considerare un ultimo aspetto: le borse, basandosi sulle prospettive, possono anche sbagliarsi. Dunque, possono “scommettere” sulla prosperità di un settore, e quindi gonfiare i propri numeri, per poi scoprire che questa fiducia era mal riposta. Anche da questo dipende l’apparente assenza di legame tra borsa ed economia reale.