Le 5 Domande da Porre al Consulente Finanziario

Risparmio

Il consulente finanziario può giocare un ruolo determinante nelle attività di investimento del singolo. Rappresenta spesso una risorsa inestimabile per orientare il cliente all’investimento più adatto alle sue esigenze, in grado di mettere a frutto un capitale più o meno ingente.

Tuttavia, alcuni si trovano a disagio davanti a un consulente finanziario. Avvertono le potenzialità del servizio che il professionista offre loro, ma non hanno idea di come comportarsi per ottenere il meglio.

Per questo motivo, può essere utile stilare una lista di domande da porre al consulente finanziario, in modo da aiutare quest’ultimo a svolgere la sua attività nel migliore del modi e garantire al cliente la possibilità di usufruire di un servizio a misura delle sue esigenze.

Il rapporto tra consulente finanziario e cliente

Prima di partire con le domande da porre al consulente, è bene fare una precisazione circa il rapporto tra il consulente stesso e il cliente. Ebbene, tale rapporto deve andare oltre la semplice relazione tra un erogatore di servizi e il relativo beneficiario.

Deve essere una relazione basata sul dialogo e sulla trasparenza. Investire è un’attività complessa, pone in essere tante possibilità e opportunità, ma queste possono essere colte solo se selezionate alla luce delle esigenze e delle caratteristiche del singolo.

Il consulente finanziario, per operare al meglio, deve conoscere il cliente, deve ascoltarlo e comprenderne le esigenze. Dall’altra parte, però, ci deve essere un individuo disposto a “parlare”, a fornire gli elementi necessari all’elaborazione di un piano personalizzato.

Dunque, dialogo e trasparenza sono gli ingredienti necessari per un rapporto proficuo consulente finanziario-cliente.

Le domande da porre al consulente

Detto ciò, ecco le domande che il cliente dovrebbe porre al consulente per ottenere il meglio dall’attività del consulente finanziario.

Come si svolge la consulenza? 

E’ la prima domanda che andrebbe posta. E’ come definire le regole del gioco, in modo che il cliente possa giocare non ad armi pari, espressione che si confà alle sessioni competitivi, ma con spirito di cooperazione. Dalla risposta dipende la capacità del cliente di mettere il consulente nelle migliori condizioni per fornire un aiuto efficace, un servizio degno di questo nome.

Qual è il mio profilo di rischio?

E’ una domanda che i clienti in genere non fanno, anche perchè il concetto di “profilo di rischio” spesso non fa parte del loro bagaglio di conoscenze. In effetti, stiamo parlando di un concetto tecnico. Ad ogni modo, conoscere il proprio profilo di rischio permette al cliente di formulare le rischiesta con maggiore precisione, di fatti snellendo la comunicazione e rendendo più preciso il dialogo. 

Perché questo investimento?

Il consulente propone, il consulente pone delle domande, ci ragiona su e prende una decisione. Tuttavia, il processo di valutazione non può prescindere dalla conoscenza delle motivazioni che hanno spinto il consulente a proporre quel preciso investimento. In questo modo, il cliente può farsi un’idea in prima persona circa l’aderenza dell’investimento alle sue esigenze. 

Quale rischio è associato a questo investimento?

La percezione del rischio può variare in base alla persone. Il consulente potrebbe giudicare un prodotto poco rischioso per quel dato profilo di rischio, mentre il cliente potrebbe giudicarlo in maniera diversa. Dunque, è bene chiedere esplicitamente informazioni sul grado di rischio del prodotto che, in quel momento, è oggetto di valutazione. Lo scopo, ovviamente, è decidere con cognizione di causa, un obiettivo che può essere raggiunto solo se si è in possesso, come minimo, delle informazioni nevralgiche.

Quali sono i costi?

Stesso discorso per i costi. D’altronde, a pagare è il cliente, dunque è bene che questi sia a conoscenza della spesa per le commissioni. La questione assume contorni più marcati se l’investimento è inserito all’interno di un piano di risparmio gestito. Nella fattispecie, i costi tendono ad aumentare, proprio perché diminuisce il margine di discrezione del singolo e aumenta l’impegno da parte del gestore. 

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