Fallimento Wirecard: che Lezione Possono Trarre gli Investitori

Fallimento Wirecard
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A fine giugno ha tenuto banco la questione Wirecard. Come molti di voi sapranno, la banca tedesca, quasi all’improvviso, è fallita. La classica notizia bomba, il più proverbiale dei cigni neri. Wirecard infatti è sempre stata considerata una delle eccellenze del credito europeo, una realtà agile e innovativa.

Strano che abbia fatto questa fine. Si poteva prevedere? La risposta a questa domanda fornisce, in verità, una formidabile lezione agli investitori. A questa se ne aggiunge un’altra, che viene impartita ogni qual volta che un “colosso” fallisce. Ne parliamo in questo articolo.

Le speranze tradite di Wirecard

Wirecard ha presentato istanza di fallimento il 25 giugno 2020. La causa ufficiale è l’eccessivo indebitamento della società. Una motivazione quasi ordinaria per un istituto che prometteva di fare la storia del mercato del credito. Era infatti considerata una eccellenza dell’imprenditoria europea, una delle poche società fintech in grado di porsi sullo stesso piano delle banche tradizionali, e competere con loro non solo sul campo dell’innovazione ma anche in termini di quote di mercato.

Il nome Wirecard forse non vi dice nulla, ma siamo abbastanza sicuri che molti di voi la conoscano, se non altro per vie indirette. Il riferimento è alla famosissima N26, una carta che stava spopolando dai giovani, ed era diventata quasi uno status symbol, epigono di un nuovo modo di gestire liquidità e pagamento. A quanto pare, è tutto finito. Ma cos’è accaduto?

Non entriamo troppo nei dettagli, anche perché non è questo lo scopo dell’articolo. Giusto per fornire qualche coordinata e far capire di cosa stiamo parlando, rileviamo che a febbraio del 2020 Wirecard è stata sottoposto a un controllo, il quale ha rivelato una grande massa di capitali inesistenti o “introvabili”. Insomma, è stato scoperchiato un buco di bilancio considerevole. Da qui le cose hanno iniziato a peggiorare velocemente, con il CEO Markus Braun che si è dimesso il 19 giugno, l’ammissione che 1,9 miliardi di euro di conti fiduciari in realtà “probabilmente non sono mai esistiti” e il conseguente crollo in borsa.

Fallimento Wirecard, una lezione su come prevedere i cigni neri

Il fallimento di Wirecard era prevedibile? A leggere la buona stampa di cui godeva, e i suoi progressi nel mercato del credito, pare proprio di no. Tuttavia, il diavolo si nasconde nei dettagli, e alcuni di questi rivelano che sì, qualcosa non stava andando per il verso giusto.

Il riferimento è ai movimenti di prezzi del titolo azionario a seguito delle voci circa un alto funzionario della società dedito alla falsificazione dei conti. Come prevedibile, le quotazioni sono crollate. Al crollo è seguito un aumento dei volumi. Fin qui, tutto nella norma: dopo discese repentine i volumi aumentano sempre, perché gli investitori approfittano dei ribassi. Tuttavia, i volumi elevati non hanno portato a un aumento dei prezzi, ma a un altro calo…. Gli investitori stavano vendendo!

Ecco, un campanello d’allarme sarebbe stato proprio il trittico ribassi, aumento dei volumi ribassi. Un dettaglio che l’investitore medio tende a non notare.

Ecco quindi una prima lezione che è possibile trarre dal fallimento Wirecard. Quando un’azienda sta per fallire, gli investitori più addentro alle questioni aziendali, tendono a vendere sui ribassi, e quindi i volumi aumentano e si muovono in questa direzione.

Significa, in breve, che le prospettive sono così pessime che gli investitori si disfanno del titolo in quanto se non lo facessero, perderebbero ancora di più. Si scommette sul crollo totale del titolo.

La lezione più grande di Wirecard

Quella appena descritta è una lezione di tipo tecnico e analitico. Ce n’è un’altra, però, di tipo strategico. Una ben più importante, e che il fallimento Wired ha impartito con severità, come sempre accade quando un colosso crolla.

La lezione è la seguente: occorre diversificare, diversificare, diversificare. Chi ha investito tutto o molto sul titolo di Wirecard, sugli asset di Wirecard o sui suoi servizi, si trova in grandissima difficoltà, e rischia seriamente di perdere enormi capitali.

Chi invece ha sì investito su Wirecard, ma ha diversificato, ha solo perso qualcosa. Magari qualche punto percentuale del suo capitale, o anche meno. Niente di trascendentale, niente che non posso essere recuperato altrove.

Dunque è necessario diversificare non solo per approfittare dei ribassi e godere dei rialzi, ma anche per proteggersi dall’imponderabile, per superare senza un graffio crolli colossali come quello di Wirecard.

Dal punto di vista dell’investitore, la diversificazione è l’unica arma contro il cigno nero.

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