Fase 1 Coronavirus: la Lezione che i Risparmiatori Devono Trarre

Risparmio

La fase 1 dell’emergenza coronavirus è ormai alle spalle, in Italia come in tanti altri paesi. La situazione sta migliorando un po’ ovunque e i governi stanno cercando di raccogliere i cocci, nel tentativo di far ripartire l’economia, pur tra tante incertezza. La fase acuta dell’emergenza sanitaria lascerà cicatrici indelebili, nella memoria come nei conti correnti.

Tuttavia, possiamo anche imparare da essa. Sul profilo umano, soprattutto, ma anche dal punto di vista finanziario. Perché è proprio vero: la fase 1 ha impartito ai risparmiatori una lezione importante, e sta a loro coglierla, farne tesoro.

In questa articolo analizziamo la fase 1 sotto il profilo finanziario e parliamo degli insegnamenti che possiamo trarne.

Fase 1: cos’è successo

La prima parte della fase 1 ha colto il mondo impreparato, dunque anche gli investitori. E’ esploso il più classico dei panic selling, almeno nell’azionario. Anzi, un panic selling così raramente si è visto. Alcuni titoli azionari hanno perso il 30% del loro prezzo. Perdite, queste, dettate dalla paura e solo dalla paura, dal momento che praticamente in nessun caso un’azienda ha perso il 30 del suo valore. E’ una cosa folla anche il solo pensarlo.

E infatti dopo qualche giorno, ecco i recuperi. Ovviamente il mercato non ha ancora compensato le perdite, ma non c’è di cui stupirsi: è passato troppo tempo, e l’emergenza non è ancora finita: il covid è ancora qui, a far paura al mondo. I recuperi hanno due ragioni. In primis, il rimbalzo classico che segue al panic selling, che cela appunto vendite per lo più ingiustificate.

In secondo luogo, però, va rilevata l’emersione di una dinamica tecnico-strategica. Se si guarda ai giorni convulsi del panic selling, e soprattutto ai giorni immediatamente successivi, a stupire sono sicuramente i volumi… Troppo alti. E’ lecito pensare, quindi, che i “grandi” si stessero posizionando in modo diverso da chi stava vedendo per paura. Solo i grandi investitori, i fondi e le banche commerciali possono infatti muovere volumi così elevati.

Mentre qualcuno perdeva, qualcun altro ci guadagnava.

Questa affermazione porge il fianco a una riflessione, anzi a un corollario: sì, durante crisi come queste è possibile guadagnare. E’ possibile sfruttare la situazione a proprio vantaggio.

C’è un ultimo dato da rilevare. Alcuni indici, pur non avendo recuperato tutte le perdite, sono comunque già in positivo, se si confronta il presente con i numeri di inizio anno. Un esempio è dato dal Nasdaq. Non proprio una situazione da fine del mondo, come sembrava a inizio marzo. Soprattutto, una situazione che lascia ben sperare in una prospettiva di ricerca del vantaggio, tanto per i grandi quanto per i piccoli.

Le lezioni della Fase 1

Quali lezioni ci sta impartendo la fase 1 dal punto di vista finanziario? Sono almeno quattro.

Lezione numero uno. Questa crisi, per ora, si sta comportando in maniera del tutto simile a quelle precedenti. Crisi di questo tipo emergono, in media, una volta ogni dieci anni.

Lezione numero due. Se è vero che i ribassi prima o poi vengo colmati, allora una soluzione – anche nella peggiore delle ipotesi – c’è: investire nel lungo periodo. Nel lungo periodo tutte le crisi dei mercati finanziari vengono ammortizzate.

Lezione numero tre. Si può approfittare dei ribassi, proprio come stanno facendo i “grandi”. E’ ovvio: se i prezzi scendono e poi risalgono, se per un’impresa che versa in difficoltà un’altra sale alla ribalta, questa è una situazione ideale per investire. Il problema principale è capire dove investire. Un problema di non facile risoluzione. Per questo motivo è bene non fare di testa propria, ma fare riferimento a un consulente finanziario. Aggiungo che approfittare è quasi doveroso, dal momento che… Non capita tutti i giorni. L’ho già detto: dinamiche di questo tipo emergono ogni dieci anni, ciò vuol dire che ogni investitore avrà solo 3 o 4 occasioni per approfittare dei ribassi (in genere ciascuno investe per 30 o 40 anni).

Lezione numero quattro. Se si diversifica, e si diversifica bene, non si sbaglia mai. Diversificare bene significa farlo seguendo tre criteri: geografico, settoriale e temporale.

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