L’espressione “panic selling” è una delle più famose, quando si parla di investimenti, a tal punto da essere conosciuta anche dai profani della finanza, anche da coloro che non sono impegnati in attività di investimento.
I risvolti del panic selling ovviamente vanno oltre la semplice definizione che può dare una persona comune. Essi riguardano la gestione dell’aspetto psicologico, l’approccio alla volatilità, la necessità di modificare in corso strategia e operatività.
Ne parliamo in questo articolo, fornendo una definizione chiara di panic selling, una precisazione sulle conseguenze che genera sulle attività di investimento, qualche consiglio per superare brillantemente questa peculiare fase di mercato.
Cos’è il panic selling
In un certo senso, il panic selling è ciò che suggerisce il nome. Una fase in cui gli investitori tendono a vendere più asset in maniera convulsa, quasi costi quel che costi, mossi da evidenze che spesso non sono di natura tecnica. D’altronde, in italiano “panic selling” si traduce come “vendita da panico” o “vendita impanicata”. Insomma, gli investitori vendono per paura, piuttosto perché mossi da chissà quale evidenza tecnica. Quale paura? Ovviamente, quello di vedersi con un portafoglio pesantemente svalutato.
Il panic selling si sviluppa con un effetto domino. Alcuni iniziano a vendere, i prezzi si abbassano, altri li seguono, il prezzo si abbassa ancora, fino a quando quasi tutti cercano di vendere, disperatamente.
Possiamo immaginare il panic selling come una valanga che si ingrossa a mano a mano che scende a valle, fino ad assumere dimensioni catastrofiche.
E’ facile comprendere quali danni può causare il panic selling. Su tutti, il forte deprezzamento dei propri asset. Un deprezzamento che nella stragrande maggioranza dei casi (anche nella quasi totalità) non è giustificato – se non in minima parte dagli eventi che hanno coinvolto il mercato o i contesti adiacenti.
Quali sono le cause del panic selling? Possono essere le più svariate ma in genere sono due, spesso concomitante. Da un lato, un evento, spesso extra-mercato, dal grande impatto tecnico e soprattutto simbolico. Dall’altro, una condizione rialzista preesistente. In buona sostanza, alcuni asset sono cresciuti oltre le loro possibilità, e quando gli investitori iniziano a vendere per incassare parte l’effetto domino.
3 consigli per gestire il panic selling
Il panic selling non è un evento così raro. Anzi, si verifica con una certa frequenza, ed alcuni ci intravedono addirittura una ciclicità. L’ultimo, in ordine di tempo, si è verificato a fine febbraio 2020, quando l’epidemia da coronavirus è esplosa “ufficialmente” come problema globale.
Dunque, è un evento con cui venire a patti, da gestire in qualche modo. Mettiamo subito le cose in chiaro: non è affatto semplice. Anzi, molti ci lasciano le penne, economicamente ovvio. Alcuni accorgimenti possono però essere di auto.
Non vendere a tutti i costi. Durante il panic selling vendere potrebbe non essere una buona idea. Infatti, una delle caratteristiche dei panic selling è la tendenza a essere seguiti da una qualche forma di rimbalzo, e magari anche da un trend rialzista tale da riportare i valori a un livello precedente il panic selling stesso.
Dedica ancora più tempo all’analisi. Durante le fasi di panic selling, il mercato è soggetto a “interferenze”. La psicologia, anzi l’irrazionalità, entra a gamba tesa ed è difficile orientarsi. Un buon modo per non perdere la bussola è modificare temporaneamente il proprio piano di analisi. In particolare, si dovrebbe dedicare più tempo all’analisi e profondere un maggiore impegno nella fase di contro-prova dei segnali.
Aspetta. E’ un consiglio molto semplice, per quanto – all’apparenza – bizzarro. Molto spesso, la cosa migliore da fare è attendere che la bufera passi. E’ senz’altro un approccio da adottare, quando si ha la sensazione di non poter gestire attivamente la fase di panic selling. Sensazione che, tra l’altro, coinvolge la stragrande maggioranza dei trader e degli investitori.